astrolabio.itAmbiente Percepito e Ambiente Misurato
I possibili nessi della pandemia con linquinamento atmosferico e,
più in generale, con lo stato di salute dellambiente hanno
un forte potere di suggestione e sono spesso evocati, anche a
sproposito. Urge unanalisi scientifica fondata su dati reali per
indirizzare correttamente gli investimenti. Il ruolo del Sistema
delle Agenzie per lambiente. Da quando la pandemia è entrata
nelle nostre vite la discussione su quale modello di sviluppo si
voglia perseguire per salvaguardare salute e ambiente ha ripreso un
certo vigore. La relazione tra inquinamento atmosferico e Covid, in
particolare, è stata oggetto di dichiarazioni e articoli non
sempre supportati da basi scientifiche e, talvolta, ispirati da
suggestioni e pregiudizi. Le questioni che si pongono rispetto
allinquinamento atmosferico legato alla pandemia sono
sostanzialmente due:- il blocco delle attività conseguente
al confinamento ha prodotto effetti positivi? - il coronavirus si
è diffuso anche a causa della forte presenza di polveri
sottili? Collegata a tali quesiti vi è poi una terza
questione di merito e di metodo inerente la formazione,
lelaborazione e la diffusione dei dati che lo Stato dovrebbe
fornire in tempi ragionevoli per tramite dei soggetti
istituzionalmente preposti. Quanto al primo punto si deve prendere
atto che, nonostante il blocco di tante attività, il 2020
non ha registrato miglioramenti. Anzi. Ricordiamo che la rete di
rilevamento e monitoraggio della qualità dellaria è
gestita in Italia dal SNPA che vi provvede da anni con oltre 500
centraline situate in luoghi ben definiti del nostro territorio.
Questanno, per la prima volta, il rapporto sulla qualità
dellaria dellanno precedente, che normalmente è pronto nel
secondo trimestre dellanno successivo a quello di rilevamento,
è uscito già nel mese di gennaio sotto forma
danteprima. Dunque, nellanteprima sulla qualità dellaria in
Italia nel 2020, il SNPA ha registrato superamenti del limite
giornaliero per il PM10 in 155 stazioni su 530 (29,2%); nel 2019
aveva superato il limite il 22% delle stazioni (limite UE: 50
µg/m3, da non superare più di 35 volte in un anno).
Sono 400 invece le stazioni che hanno superato il valore
raccomandato dall'OMS, analogamente a quanto successo nel 2019
(limite OMS: 50 µg/m3, da non superare più di 3 volte
in un anno). Vedi dettaglio dei dati per gli anni 2015-2019. Da una
prima analisi dei dati, uno dei fattori principali che hanno
originato laumento rispetto al 2019 è stata la minore
piovosità, sia a gennaio che da ottobre alla prima
metà di dicembre 2020, rispetto allo stesso periodo del
2019. Il lockdown legato allemergenza COVID-19 non è stato
sufficiente a compensare una meteorologia meno favorevole alla
dispersione degli inquinanti, sia perché ha avuto luogo in
un periodo dellanno in cui le concentrazioni di PM10 sono
già di per sé poco elevate, sia perché i suoi
effetti sul PM10 sono stati relativamente contenuti, rispetto a
quelli invece verificatisi per il biossido di azoto (Vedi
Qualità dellaria e lockdown). Per gli ossidi dazoto ci sono
stati infatti riduzioni consistenti seppur temporanee. Il SNPA
conferma lesigenza di ridurre in modo sinergico e su ampia scala
non solo le emissioni dovute ai trasporti su strada, ma anche
quelle dovute alla combustione di biomassa e alle attività
zootecniche. Attendiamo il rapporto ufficiale definitivo, ma i dati
appaiono già significativi. Se, ingenuamente, durate il
confinamento, qualcuno pensava che avremmo risolto i problemi
ambientali perché tutto si era fermato dovrà
ricredersi; a problemi complessi vanno date risposte articolate nel
merito e gli interventi da predisporre sono strutturali e hanno
costi elevati. Di sicuro non basteranno le auto elettriche, ammesso
che la loro impronta ambientale sia a bilancio positivo. In questo
senso, ove ci fosse volontà politica, sarebbe necessario un
disegno basato sui dati ed i suggerimenti delle Agenzie per
lAmbiente, per indirizzare le risorse UE disponibili a seguito
della pandemia (Next Generation EU). Un intervento strutturale
complesso per migliorare la qualità dellaria in pianura
Padana e in tutte quelle aree ove si rilevano superamenti dovrebbe
esser ben accolto dallUnione Europea. Peraltro, la Corte di
giustizia UE ha già condannato il nostro Paese per gli
sforamenti di Pm10 rilevati in maniera sistematica e continuata tra
il 2008 e 2017, mentre unaltra procedura per il Pm2,5 è
già stata avviata. Inoltre, a prescindere dalle
problematiche legate alla pandemia, ricordiamo che nel rapporto
2019 lAgenzia Europea per lambiente (EEA) ha stimato per lItalia
circa 60.000 morti premature per lesposizione al Pm 2,5. Quanto al
secondo punto, la risposta è complessa e coinvolge il
delicatissimo rapporto tra ambiente e salute che necessita del
contributo di tante professionalità e lincrocio dei dati
ambientali con quelli epidemiologici. Purtroppo, ancora non vi
è una posizione ufficiale condivisa da parte dei soggetti
preposti per legge, cioè ENEA, ISS e SNPA, che nellaprile
dello scorso anno hanno lanciato il progetto PULVIRUS con
lobiettivo di offrire a istituzioni e cittadini informazioni,
risposte e indicazioni sulla base di dati scientifici, competenze
ed esperienze in tema dinquinamento atmosferico e Covid-19. Gli
obiettivi sono encomiabili e nascono dalla volontà di fare
chiarezza; il progetto dovrebbe durare un anno e non è
ancora stata pubblicata alcuna relazione intermedia. In attesa di
conoscere le risultanze che emergeranno dal progetto PULVIRUS, di
seguito, tra i tanti contributi in argomento, si riportano le
posizioni sostenute da alcuni ricercatori che ci paiono
ragionevoli. 1) Un recentissimo studio del CNR e Arpa Lombardia
sostiene che il particolato atmosferico non favorisce la diffusione
in aria del virus. Link:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0013935120315000
La prima ondata della pandemia da Covid-19, nell'inverno 2020, ha
colpito in maniera più rilevante il Nord Italia rispetto al
resto del Paese. La Lombardia, in particolare, è stata la
regione con la maggiore diffusione. A maggio 2020 vi erano
registrati 76.469 casi, pari al 36,9% del totale italiano di
207.428 casi. Perché la distribuzione geografica
dell'epidemia sia stata così irregolare è ancora
oggetto di dibattito nella comunità scientifica. Sul punto
del rapporto tra Pm10 e Covid, la tesi del CNR e di Arpa Lombardia
si basa sul fatto che la quantità di RNA ritrovata sui
campionatori dedicati al monitoraggio della qualità dellaria
è estremamente modesta, mentre un individuo per rimanere
contaminato allaperto dovrebbe inalare una gran quantità
daria in una zona con altissima concentrazione di contagio. Lo
studio afferma che anche ipotizzando una quota dinfetti pari al 10%
della popolazione sarebbero necessarie, in media, 38 ore a Milano e
61 ore a Bergamo per ispirare una singola particella virale. Lo
studio conclude che una contaminazione di questo tipo sia assai
poco probabile. 2) Un'altra posizione approfondita è quella
dello Steering Committee del progetto CCM RIAS pubblicata sulla
rivista dellassociazione italiana di epidemiologia nellaprile dello
scorso anno. In tale pubblicazione, gli autori, sottolineando che
il virus viene trasmesso principalmente attraverso le goccioline
respiratorie (droplets) di persona infetta a distanza ravvicinata,
a seguito di un colpo di tosse o di uno starnuto o di semplice
parola, rilevano anche lindicazione che il virus possa essere
ancora infettivo nellaerosol di un ambiente chiuso. Infine,
ipotizzano che il particolato atmosferico possa essere un supporto
(carrier) per la diffusione del virus per via aerea, ma questa
ultima ipotesi non sembra avere alcuna plausibilità
biologica. Infatti, pur riconoscendo al PM la capacità di
veicolare particelle biologiche (batteri, spore, pollini, virus,
funghi, alghe, frammenti vegetali), appare poco plausibile che i
Coronavirus possano mantenere intatte le loro caratteristiche
morfologiche e le loro proprietà infettive anche dopo una
permanenza più o meno prolungata nellambiente outdoor.
Temperatura, essiccamento e UV danneggiano infatti linvolucro del
virus e quindi la sua capacità di infettare. Anche se
lipotesi che il virus usi le polveri sottili come vettore pare
improbabile, è comunque di tutta evidenza che una lunga
esposizione ad una scadente qualità dellaria è un
fatto dannoso di per sé e predispone ad avere maggiori danni
nella contrazione di una malattia respiratoria. Quanto alla terza
questione, quella relativa alla formazione, elaborazione e
diffusione del dato, è evidente che sarebbe necessaria una
risposta tempestiva e puntuale delle istituzioni per informare
correttamente politica e cittadini ed evitare il diffondersi di
notizie fuorvianti. Mai come in questo periodo di pandemia, la
scienza pare riappropriarsi del posto che le è proprio.
Dalle cure alle simulazioni della diffusione del virus, sino al
vaccino, è chiaro (a quasi tutti) che ricerca e competenza
sono indispensabili. Se questi concetti sono stati molto
riabilitati in medicina, non altrettanto è accaduto in campo
ambientale ove ancora prevalgono comode suggestioni e dove la
politica non ha investito in maniera sufficiente. In questi giorni,
sul sito del SNPA, sono pubblicate le interviste dei 21 direttori
delle Agenzie per lambiente delle Regioni e delle Provincie
autonome di Trento e Bolzano inerenti il ruolo e lo stato di salute
del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale che comprende anche
ISPRA. Dalle interviste emerge che le Agenzie vorrebbero giocare un
ruolo di maggior rilievo nel campo della formazione e della
verifica della spesa ambientale - Next Generation EU compreso - ma
che le risorse umane e strumentali messe loro a disposizione sono
ancora carenti, a dispetto della svolta verde che tutti i partiti
dichiarano di voler abbracciare. La riforma del Sistema delle
Agenzie per lambiente - la legge 132 del 28 giugno del 2016- votata
allunanimità nella scorsa legislatura, a distanza di otre 4
anni, non è ancora stata attuata. In particolare, al pari di
quanto succede nella sanità, non sono ancora stati definiti
i LEPTA, cioè i livelli di tutela ambientale che dovrebbero
esser garantiti omogeneamente su tutto il territorio nazionale.
Attualmente, il SNPA costa circa 800 milioni di euro (pari allo
0,4% del Fondo Sanitario Nazionale o al costo di una piccola
azienda sanitaria locale) mentre necessiterebbe almeno del doppio
delle risorse. Sarebbe inoltre necessario un Contratto nazionale
adeguato alle attività e alle competenze dei circa 10.000
lavoratori delle Agenzie. Governo e Sindacati dovrebbero accordarsi
su uno specifico contratto o operare una modifica ad hoc in quello
della Sanità attualmente applicato: non è più
il tempo di subalternità o contrapposizioni se davvero si
vogliono misurare in modo adeguato le matrici ambientali. Nel
Collegato Ambientale 2020 denominato Green New Deal e Transizione
Ecologica del Paese il Governo, seppur in forma discutibile e senza
un adeguata consultazione con le Regioni, aveva avanzato qualche
proposta per accelerare la formazione dei LEPTA e per aumentare il
finanziamento del sistema. Sullo stato di discussione e formazione
di tale provvedimento, che sarebbe urgente, per ora non ci sono
novità. E non pare prioritario nel dibattito politico.
Ulteriori Riferimenti
https://www.snpambiente.it/2021/01/04/studio-cnr-e-arpa-lombardia-il-particolato-atmosferico-non-favorisce-la-diffusione-in-aria-del-covid-19/
https://www.snpambiente.it/2020/10/08/qualita-dellaria-meccanismi-biologici-e-covid-19/
https://www.snpambiente.it/2020/05/07/qualita-dellaria-e-covid-19-ce-bisogno-di-risposte/
https://www.snpambiente.it/2020/04/29/coronavirus-enea-iss-e-snpa-lanciano-progetto-pulvirus-su-legame-fra-inquinamento-e-covid-19/
https://www.snpambiente.it/2020/04/18/valutazione-del-possibile-rapporto-tra-linquinamento-atmosferico-e-la-diffusione-del-sars-cov-2/
https://www.snpambiente.it/2020/04/14/inquinamento-atmosferico-e-covid-19/
https://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/inquinamento-agricoltura-e-allevamenti-sono-tra-i-principali-responsabili-ma-non-lo-percepiamo