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Il Problema Non รจ Semplificare
Per gentile concessione della Staffetta Quotidiana ripubblichiamo integralmente questo editoriale che pone con lucidità politica e onestà intellettuale il problema delloccupazione del suolo e dellimpatto paesaggistico degli impianti di eolico e fotovoltaico a terra. Finalmente una voce (diversa e imparziale rispetto agli Amici della Terra e ai soliti conservazionisti) che contraddice e sgonfia la pretestuosa campagna di delegittimazione delle Sovrintendenze paesaggistiche. In Copertina: Tuscania in una foto di Adrian Moss E se il problema non fosse semplificare? Se per raggiungere gli obiettivi europei sul clima l'ostacolo non fosse la vituperata burocrazia? Se il problema fosse invece quello di impostare correttamente i termini della questione, come nodo eminentemente politico, di equilibrio tra interessi e poteri? Tutte domande che emergono con forza leggendo il racconto del nuovo boom del fotovoltaico nel Lazio che pubblichiamo nel numero odierno. Domande che si fanno più insistenti, dal momento che i mega impianti fotovoltaici autorizzati negli ultimi due anni dalla Regione hanno ottenuto il via libera per lo più nel giro di un anno. E d'altronde, entrambi i governi Conte hanno portato a casa un decreto Semplificazioni. Erano norme scritte male? Erano insufficienti? Perché sembra che il traguardo delle semplificazioni si sposti sempre un po' più in là? Per autorizzare un mega impianto fotovoltaico nel Lazio, quindi, può bastare meno di un anno. Non è un tempo irragionevole. Il punto è che poi arrivano i ricorsi. Ma perché arrivano? Andiamo a vedere. Tipicamente, la conferenza dei servizi si conclude con parere positivo e con l'unica opposizione della soprintendenza ai Beni culturali. Dopo l'autorizzazione, tipicamente la soprintendenza fa ricorso, quando al Tar, quando alla Presidenza del consiglio. È allora che l'iter non sempre si blocca. Il problema allora non è nelle procedure. Tanto più che la Regione Lazio, all'inizio del 2020, è intervenuta per semplificare ulteriormente. Con una norma che dava ai Comuni, nelle more dell'adozione del Piano energetico regionale, il compito di indicare le aree idonee all'installazione degli impianti da fonte rinnovabile, fino a un massimo del 3% della superficie. Anticipando in qualche modo quello che, sulla base della legge delega UE che recepisce la Red II (attualmente all'esame del Parlamento), si dovrebbe fare a livello nazionale con il passaggio dall'indicazione delle aree non idonee all'indicazione di quelle idonee. Qui arriva un altro fatto interessante. La norma della Regione Lazio è stata impugnata dal Governo per il mancato coordinamento con il Piano paesaggistico: le numerose richieste vengono autorizzate caso per caso, senza una valutazione complessiva e cumulativa. Senza insomma che ci sia nessuno in cabina di regia a verificare che non ne escano fuori obbrobri. È interessante leggere le motivazioni: l'avvocatura parla tra l'altro della notevole pressione che il territorio agricolo del Lazio sta subendo in questi ultimi mesi da parte degli operatori del settore delle rinnovabili. Ancora una volta: il punto non è semplificare. Il problema è nella ripartizione dei poteri. Detto in altri termini e con il massimo rispetto per tutti, il cambiamento del paesaggio dell'Etruria per i prossimi 30 anni non può essere deciso tra l'amministrazione di un piccolo comune e lo studio di progettazione di una società di ingegneria. Il problema è che, in un modo o in un altro, dovremo affrontare un cambiamento importante del nostro paesaggio, in un momento in cui le sensibilità sul tema si sono molto acuite rispetto a 50 anni fa. A maggior ragione non possiamo far passare la questione sottotraccia. Ieri abbiamo parlato del caso di Eos Investment, il fondo che ha acquistato le autorizzazioni per tre grandi impianti, ha comunicato il prossimo avvio dei lavori, assicurandosi però di tenere nascosta l'ubicazione degli impianti. È evidente che c'è un problema. E il problema non sono solo le contestazioni territoriali o le regole farraginose. Il problema è che ci sono idee diverse sul peso da dare al paesaggio, all'energia rinnovabile, sull'equilibrio tra queste istanze. Problema che le soprintendenze pongono in sede di conferenza dei servizi, dove c'è sempre il loro parere negativo, poi in sede amministrativa e, infine, ricorrendo a Palazzo Chigi. Che in Italia la questione del paesaggio sia particolarmente sentita non è certo una novità. Se poi si considera che il nostro Paese ha una densità di popolazione di circa 200 abitanti per kmq, a fronte dei 92 della Spagna e dei 99 della Francia, ecco che i problemi di gestione della transizione energetica assumono tutto un altro profilo. Senza necessariamente dover ricorrere a vizi nostrani come la burocrazia o il localismo che pure ci sono. Il problema è oggettivamente complesso, e non si può risolvere con un emendamento a un decreto-legge per delegificare qualche passaggio, per aumentare di qualche centesimo una tariffa o prorogare di qualche anno qualche incentivo in scadenza. P.S.: A proposito di Spagna, le aste per il fotovoltaico sono state assegnate a 25 euro/MWh. C'è un gran discutere nel settore sul fatto che siano prezzi in qualche modo drogati. In ogni caso, proprio ieri è uscita la notizia di un Ppa fotovoltaico firmato a 35 euro/MWh, che sono comunque la metà dei 70 euro che le nostre aste hanno assegnato. Tutte prove del fatto che, dal punto di vista degli economics dei progetti, evidentemente gli incentivi non servono, e meno che mai servono a velocizzare gli iter. A meno che gli incentivi non servano a qualcosa che non sono gli economics dei progetti in senso stretto. Ma questa è un'altra storia. *Direttore responsabile Staffetta Quotidiana