greenreport_itIl 20% dell’Italia è a rischio desertificazione, ma gli italiani non se ne preoccupano
Il 20% dellItalia è a rischio desertificazione, ma gli
italiani non se ne preoccupano Solo il 10% esprime preoccupazione
per il presente, il 19% per il futuro. Eppure in Sicilia già
il 70% del territorio è a rischio [17 Giugno 2020] di Luca
Aterini La desertificazione, una forma di degrado del suolo che
viene misurata monitorando la copertura vegetale e la
produttività del suolo stesso, è una minaccia in
forte crescita: ne è colpito il 29% del territorio globale,
dove abitano oltre 3 miliardi di persone, mentre ampie fette del
nostro Paese rientrano già nella casistica. Altre lo faranno
presto. Già oggi, spiegano dal Snpa, in Italia «il 10%
del territorio è molto vulnerabile. La Sicilia è la
regione più colpita (42,9% della superficie regionale),
seguita da Molise, Basilicata (24,4%) e dalla Sardegna
(19,1%)». Lavanzata della desertificazione non è
facile da misurare e i dati cambiano tra le varie fonti consultate,
ma già a inizio 2018 la Corte dei conti europea che alla
fine dello stesso anno ha prodotto una relazione bocciando come
incoerenti le misure intraprese fino a quel momento per frenare il
fenomeno poneva il nostro Paese tra quelli a maggior rischio in
Europa: «Lerosione del suolo, unita alla carenza dacqua e
alle temperature più elevate che aumentano levaporazione,
aggrava ulteriormente il rischio di desertificazione. La situazione
è particolarmente grave in una vasta area della Spagna, nel
Sud del Portogallo e dellItalia, nella Grecia sud-orientale, a
Cipro e in alcune regioni della Bulgaria e della Romania che si
affacciano sul Mar Nero. La ricerca indica che le aree ad alto
rischio di erosione interessano fino al 44 % del territorio della
Spagna, il 33% del Portogallo e quasi il 20% della Grecia e
dellItalia. A Cipro, stando al programma nazionale per combattere
la desertificazione, la situazione del 57% del territorio è,
dal punto di vista di tale rischio, critica». Da allora la
situazione non è migliorata. Solo pochi giorni fa i Consorzi
di bonifica riuniti nellAnbi, citando dati Cnr, ricordavano che
«in Italia ci sono aree in cui, a causa dei cambiamenti
climatici e di pratiche agronomiche forzate, la percentuale di
sostanza organica, contenuta nel terreno, è scesa al 2%,
soglia per la quale si può iniziare a parlare di deserto;
secondo il C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), le aree a
rischio sono il 70% in Sicilia, il 58% in Molise, il 57% in Puglia,
il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna,
Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%»,
dati che indicano che «il 20% del territorio italiano in
pericolo di desertificazione». Eppure i cittadini italiani,
nel complesso, non lo sanno e/o non lo ritengono un problema grave,
come evidenzia lindagine Ipsos condotta per Finish a dicembre 2019
su un campione rappresentativo di 1000 famiglia e resa nota oggi
per la Giornata mondiale contro la desertificazione: solo il 10%
degli intervistati, guardando alloggi, ha espresso preoccupazione
per la desertificazione, percentuale che sale al 19% guardando al
futuro. Il problema è che se non verranno messe in campo da
subito decise azioni di contrasto, il futuro rappresenterà
un grosso problema. Quali le cause di questo fenomeno globale?
«Come sempre nelle questioni ambientali sottolineano dal Snpa
non cè un solo colpevole, ma una serie di cause. I
cambiamenti climatici hanno modificato le precipitazioni, aumentato
la temperatura e gli episodi di siccità, con conseguente
disponibilità insufficiente di acqua per il suolo, per la
vegetazione e per le attività produttive (agricoltura in
primis). Cè poi una gestione poco attenta delle risorse
naturali, dellacqua, del suolo e della vegetazione. Il suolo viene
consumato eccessivamente e si usano pratiche agricole
dannose». Problemi che riguardano da vicino anche il nostro
Paese, dove vengono sprecati ogni anno 4,5 miliardi di metri cubi
di acqua potabile solo a causa di una rete idrica colabrodo. Per
recuperare il terreno perso occorrono una politica industriale
adeguata e ingenti investimenti: si parla di 7,2 miliardi di euro
secondo i dati Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche,
ambientali ed energetiche, e da qualche anno ormai gli investimenti
nel servizio idrico nazionale sono finalmente in crescita. Ma
è chiaro che è necessario fare di più, su
tutti i fronti il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti
climatici, ad esempio, continua ad essere fermo in versione bozza
dal 2017 anche attraverso una maggiore sensibilizzazione della
popolazione al problema e alle soluzioni disponibili.